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ROMA AL CINEMA. Spartacus

di Antonietta Patti
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Nel terzo articolo di questa rubrica ci spostiamo nel cinema americano. Spartacus è una delle prime pellicole dirette da Stanley Kubrick, regista fortemente voluto da Kirk Douglas, la cui  compagnia Bryna Productions ha prodotto la pellicola. Il film è uscito al cinema nel 1960, distribuito dalla Universal Pictures, per la quale ha rappresentato un grande successo al botteghino, fino a raggiungere ben 4 premi Oscar.

Il film è ispirato al romanzo di Howard Fast, anch’esso dal titolo “Spartacus”. Entrambe le opere raccontano la storia della vita di Spartaco: il gladiatore trace che guidò una rivolta di schiavi contro Roma nota storicamente come terza guerra servile (73-71 a.C.).

Nel 73 a.C. Roma era una repubblica corrotta e decadente, la cui economia si basa sulla manodopera schiavile. Spartaco è uno schiavo, figlio di una schiava, proveniente dalla Tracia (regione della penisola balcanica) che viene sfruttato in una miniera libica. Un giorno, viene notato dal lanista Lentulo Batiato, che lo compra per addestrarlo come gladiatore. Nella scuola di Batiato, a Capua, tra duri allenamenti e maltrattamenti, Spartaco conosce una schiava istruita di nome Varinia, alla quale si lega dopo essersi rifiutato di abusare di lei.

Un giorno, alla scuola di Batiato si presenta il ricco e spietato senatore Marco Licinio Crasso, che acquista Varinia e paga profumatamente un combattimento a morte fra due coppie di gladiatori. L’indifferenza verso la vita umana e le continue angherie che i gladiatori sono costretti a subire fanno esplodere la rivolta.

Una volta fuggiti dalla loro prigione, i gladiatori si organizzano ed eleggono come capo proprio Spartaco. Il loro obbiettivo è lasciare il territorio romano e tornare nelle loro patrie. Cominciano così a battere le campagne, dove, penetrando nelle ville patrizie, liberano gli schiavi e saccheggiano le proprietà private. In questo modo, Spartaco intende raccogliere abbastanza oro per pagare il passaggio per tutti loro sulle navi dei pirati cilici, storici nemici di Roma.

Spartaco è un uomo onesto, corretto e leale, nonostante non sappia neppure leggere, riesce a creare un esercito forte e indipendente. Egli sfida il potere di Roma, ma non vi entra in guerra. L’esercito di Spartaco infatti, si sposta dalle pendici del Vesuvio, alla piana di Metaponto, tenendosi ben lontano da Roma.

Nel frattempo, il Senato tenta di sedare questa ribellione, inviando delle truppe. I soldati inviati però sono inesperti, e sottovalutano il loro nemico. Spartaco riesce ad avere la meglio sui comandanti romani come Marco Publio Glabro, comandante della “guarnigione di Roma” e amico di Crasso.

Purtroppo, Spartaco e i suoi schiavi ribelli diventano pedine da usare nel gioco della politica romana. In Senato infatti si scontrano Gracco, difensore alla plebe, e Crasso, patrizio e conservatore. Entrambi corrompono i pirati cicili con cui si è accordato Spartaco, il primo per far fuggire i ribelli, il secondo per bloccarli nella penisola.

Crasso infatti, intende usare la paura di questa rivolta per convincere il Senato a dargli pieni poteri. Nel tentativo di fermare le ambizioni di Crasso, Gracco propone come comandante della guarnigione di Roma un giovane Caio Giulio Cesare.

Purtroppo per Spartaco, Crasso ha offerto più soldi ai pirati, che alla fine si rifiutano di aiutarli. L’arrivo delle legioni di Gneo Pompeo Magno e di Marco Terenzio Varrone Lucullo, mettono Spartaco in difficoltà, costringendolo ad avvicinarsi a Roma. La paura che gli schiavi ribelli possano conquistare e saccheggiare Roma, fa il gioco di Crasso, che ottiene ciò che sperava.

Circondato su più fronti e consapevole dell’inevitabile disfatta, Spartaco decide di combattere per continuare a difendere i valori umani in cui ha sempre creduto. La battaglia che ne segue per i ribelli è un massacro al quale sopravvivono in pochi, compreso Spartaco. A ognuno di loro viene chiesto di indicare il loro capo, in cambio del perdono. Ma nessuno dei sopravvissuti si dimostra sleale, e ognuno risponde alla proposta dichiarando di essere Spartaco.

Crasso condanna a morte tutti i sopravvissuti, e li fa crocifiggere lungo la Via Appia. Tuttavia, il generale romano è preoccupato che Spartaco diventi una leggenda, ispirando gli schiavi a nuove ribellioni. Spartaco diventa quasi un’ossessione per Crasso: tanto da provare a farsi amare da Varinia, che nel frattempo ha partorito il figlio di Spartaco.

Gracco, ormai sconfitto e deluso dalla politica romana, decidere di fare uno sfregio a Crasso: fa rapire Varinia per poi donare la libertà a lei e a suo figlio. Fuggendo da Roma, Varinia vede suo marito Spartaco sulla croce, gli mostra il figlio e lo rassicura sul fatto che crescerà libero, e consapevole di chi era suo padre.

A livello storico, Spartacus possiede moltissime pecche. È un kolossal epico, ma mescola invenzione narrativa, simbolismo politico e spettacolo, sacrificando diversi dettagli storici alla resa cinematografica.

A partire dalla figura di Spartaco, di nascita servile ed unica guida degli schiavi ribelli. In realtà, non sappiamo se Spartaco sia nato schiavo. Probabilmente era un membro di una tribù della Tracia, assoldato all’esercito romano come ausiliare, che divenne disertore e quindi schiavo.

Le fonti riportano che la guida della rivolta fu condivisa tra Spartaco, Enomano e Crixus, due gladiatori appartenenti a delle tribù galliche. A riprova dell’eterogeneità dell’esercito degli schiavi ribelli. Tuttavia, le differenze etniche portarono più volte a delle tensioni, fino a una definitiva divisione, che andò a favore delle legioni romane.

Nessuna fonte riporta l’esistenza di un “Gracchus” coinvolto nella terza guerra servile, perciò il personaggio di Gracco è totalmente inventato. Il nome e il fatto che sia un senatore ma difensore della plebe, riporta alla mente i fratelli Gracchi: Tiberio e Gaio Sempronio Gracco, che furono entrambi tribuni della plebe nel II secolo a.C. Di conseguenza, anche l’intervento di Giulio Cesare nella vicenda è un’invenzione.

Del resto, Marco Publio Glabro è un personaggio realmente esistito. Era un pretore romano, non il capo di una non meglio identificata “guarnigione di Roma”. Quest’ultima somiglia alle Cohortes urbanae, delle coorti che avevano funzioni di polizia e di mantenimento dell’ordine pubblico a Roma, istituite però nel 27 a.C.

Anche la ricostruzione archeologica pecca in diversi punti. È interessante la ricostruzione delle case romane, anche se decisamente troppo prive di colori: gli ambienti delle domus erano abbelliti da affreschi dai colori vividi.

Spartaco è un gladiatore thraex (“trace”), e come tale avrebbe dovuto usare le sicae durante gli scontri nell’arena, invece del gladio. Non avrebbe potuto aver luogo lo scontro con un retiarius (“reziario”), come Draba, perché questa classe di gladiatori comparve solo sotto l’imperatore Augusto, circa 60 anni gli eventi narrati. Altri dettagli ripresi dall’età imperiale sono gli scudi, le armi e le armature nelle scene di battaglia, certamente non conformi al I secolo a.C.

Come in tutti i kolossal di quegli anni, anche in Spartacus vengono perpetrate quelle leggende sulla condizione, le frasi e la gestualità dei combattimenti gladiatori. La celebre frase “morituri te salutant” non era il saluto dei gladiatori. Svetonio riporta che venne pronunciata solo una volta, da alcuni prigionieri di guerra, condannati a morire durante una naumachia. Anche il pollice verso per decidere della morte di un gladiatore è una leggenda.

I gladiatori erano una proprietà di un lanista che affrontava una spesa economica non indifferente, tra cibo, alloggio, istruzione, ecc. Ciascun gladiatore rappresentava un investimento: la sua morte sarebbe stata economicamente sconveniente. Gli scontri tra gladiatori non terminavano necessariamente con la morte di uno dei due contendenti. Alcuni gladiatori combatterono per anni e divennero celebrità, conquistando fama e ricchezza.

Persino la fine di Spartaco non è storicamente accurata: crocifisso lungo una strada sterrata che difficilmente potremmo indicare come la Via Appia. Storici come Plutarco raccontano che Spartaco morì in battaglia, ma il suo corpo non venne mai ritrovato. Questo portò alla nascita di diverse leggende: la crocifissione e la fuga (insieme a pochissimi superstiti della battaglia contro Crasso).

Nonostante tutto questo, Spartacus ancora oggi brilla per la sua forza narrativa e il suo coraggio politico. Il film infatti, ha avuto una vita piuttosto travagliata. La sceneggiatura di Spartacus è di Dalton Trumbo, che all’epoca era nella “lista nera” di Hollywood, perché non aveva collaborato con la Commissione per le attività antiamericane durante l’era maccartista. La scelta dello sceneggiatore fu un atto di sfida che Kirk Douglas dimostrò a Hollywood, e ha fatto sì che Spartacus entrasse nella storia del cinema americano.

Il film fu profondamente divisivo per il pubblico dell’epoca. Tanto che Spartacus uscì al cinema nel 1960 in forma ridotta: nella sua prima edizione infatti, il film durava 182 minuti. Nella seconda edizione, datata al 1967, la pellicola venne accorciata ancora di più, fino a durare 161 minuti. Soltanto nel 1991 si ebbe la versione integrale di Spartacus, della durata di 197 minuti.

Spartacus è girato quasi totalmente negli Stati Uniti. Tra gli studios di Hollywood (per le scene al chiuso) e il Wildwood Regional Park e il Mount Clef Ridge di Thousand Oaks in California (per molte delle scene all’aperto). La cava libanese è la Valle della Morte, tra la California e il Nevada. Ma la scena della battaglia finale è girata in Spagna, in una pianura poco distante da Madrid.

Il cast di Spartacus è di prim’ordine. Kirk Douglas interpreta il protagonista, mentre Laurence Olivier è lo spietato Crasso. Jean Simmons è la dolce Varinia e Peter Ustinov interpreta Lentulo Batiato, ruolo che gli ha fatto vincere un Oscar (come miglior attore non protagonista). Gli altri tre premi Oscar, per la scenografia, la fotografia e i costumi, contribuirono a decretare il successo di questa pellicola.

Spartacus ha il grande merito di aver ridefinito il genere del peplum, dando spazio a istanze sociali di un certo spessore. Le parole di Spartaco sembrano un monito ancora oggi:

“A un animale piace combattere. Gli uomini dovrebbero avere altre aspirazioni che quella di scannarsi.”

Spartacus è ormai un classico intramontabile, tutt’oggi capace di emozionare e far riflettere. La narrazione, che unisce intrattenimento e denuncia, è una caratteristica di quest’opera. Spartacus, come il suo protagonista, non si piega e non si vende, e ancora oggi rivendica la i valori di dignità e libertà.

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