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Il nuovo Telamone di Agrigento. Riflessioni di un’archeologa

di Antonietta Patti
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Nell’ambito delle recenti iniziative di valorizzazione del patrimonio archeologico, con l’inaugurazione del nuovo Telamone di Agrigento si è acceso un intenso dibattito. Questa imponente statua antropomorfa, parte integrante del Tempio di Zeus, è stata sollevata in posizione verticale su una struttura alta 12 metri. Un’operazione che ha suscitato reazioni contrastanti, evidenziando le divergenze di opinioni riguardo al modo in cui il passato dovrebbe essere preservato e valorizzato.

Il Tempio di Zeus di Agrigento fu costruito nel V secolo a.C., insieme a quelli dedicati alla Vittoria a Himera e ad Atena a Siracusa. Erano i tributi delle città doriche più potenti della Sicilia per la vittoria riportata sui cartaginesi nella battaglia di Himera del 480 a.C. Il Tempio di Zeus Olimpio, noto anche come Olympieion, era il più grande dell’occidente greco, in competizione con i maestosi templi ionici dell’Asia Minore. Era una costruzione lunga oltre 112 metri e alta più di 30 metri. Le pareti esterne della cella erano decorate con semicolonne e Telamoni, posti all’interno di nicchie ad altezza considerabile.

L’ambizioso progetto di valorizzazione dell’area del tempio di Zeus Olimpio deriva da una vasta campagna di studi e ricerche sul monumento, affidata all’Istituto Archeologico Germanico di Roma (DAI Rome) e guidata da Heinz-Jürgen Beste, iniziata nel 2004. Questo studio ha portato nuove conoscenze sul monumento e la precisa catalogazione degli elementi ancora presenti sul sito. Durante questo processo sono stati individuati più di 90 frammenti appartenenti ad almeno otto diversi Telamoni. Uno di essi conservava circa due terzi degli elementi originali. Da questa catalogazione nasce il progetto di rimettere in piedi il nuovo Telamone di Agrigento. Progetto curato dall’architetto Carmelo Bennardo mentre l’esperto scientifico è l’architetto Alessandro Carlino, con 500 mila euro finanziati dal Parco Archeologico della Valle dei Templi.

I sostenitori del progetto applaudono l’audace iniziativa di riportare in vita una parte significativa del patrimonio storico-culturale di Agrigento. Tanti considerano il nuovo Telamone di Agrigento un tributo alla ricca storia della città e un’opportunità per i visitatori di immergersi nell’antichità greca. Molti lodano anche l’approccio innovativo nel rendere accessibile il patrimonio archeologico attraverso l’uso di moderni materiali e tecniche di restauro.

Secondo alcuni esperti, il nuovo Telamone di Agrigento potrebbe contribuire ad attirare un maggior numero di turisti, generando benefici economici per la comunità locale. Inoltre, la collocazione all’interno del parco archeologico può promuovere una maggiore consapevolezza ai visitatori e fornire un’opportunità unica per gli appassionati di archeologia.

Tuttavia, il nuovo Telamone di Agrigento ha anche suscitato preoccupazioni e critiche da parte di alcuni settori della comunità, soprattutto dagli archeologi. Vi è preoccupazione per il costo del progetto e la sua sostenibilità nel lungo termine. La maggior parte del mondo accademico sostiene che il nuovo Telamone sia una ricostruzione sgraziata, che non fornisce nuove suggestioni e informazioni ai visitatori.

Inoltre, esiste già un Telamone innalzato. Ricomposto attorno al 1826 da Raffaele Politi, è collocato nella Sala Zeus del Museo Archeologico Regionale Pietro Griffo di Agrigento. La presenza di un precedente Telamone innalzato fa sembrare il nuovo Telamone di Agrigento un oggetto inutile.

In generale, il Telamone è un elemento architettonico con una funzione statica di supporto. Raffigurato mentre sostiene con le braccia il peso di ciò che si trova sopra di lui, solitamente il tetto di un edificio, qualcosa di estremamente pesante. Il Telamone poteva presentare tratti più o meno massicci, a volte più evidenti, altre volte solo accennati. Era la posa a renderlo immediatamente riconoscibile e a far comprendere i suoi riferimenti mitologici: il titano Atlante che sorregge il cielo.

Entrambi i Telamoni di Agrigento sono posizionati in modo “sospeso”. Tuttavia, quello ospitato nel museo è almeno sistemato al di sotto del soffitto della sala, cosa che aiuta a immaginare la sua funzione. Al contrario, nel Telamone posizionato nel parco archeologico, sebbene si trovi nell’area in cui sorgeva il tempio, la sua funzione risulta meno comprensibile. Il nuovo Telamone di Agrigento appare “appeso” a una struttura grigia, giudicata dai più antiestetica.

Inoltre, il nuovo “gigante di Agrigento” è composto dai frammenti di diversi Telamoni e alcune integrazioni contemporanee. Seguendo la decisione di non mimetizzare la grigia struttura che lo sorregge, la differenza di materiale e di stile delle integrazioni è così evidente da disturbare la lettura dell’opera. La struttura è composta da cemento armato e acciaio, e dotata di mensole sulle quali sono stati fissati i singoli frammenti. Il volto del Telamone è giudicato mostruoso dai più, spesso accostato alle descrizioni di personaggi come il mostro di Frankenstein.

Se alcuni ritengono che nel processo di ricostruzione dell’antico sia fondamentale ridurre al minimo l’impatto visivo delle strutture contemporanee necessarie per la ricostruzione; altri sostengono che il contemporaneo deve essere messo in evidenza. Nel caso del nuovo Telamone di Agrigento, la maggior parte degli specialisti considerano l’uso di materiali moderni e le integrazioni come un’interferenza nel contesto ambientale tale da distruggerne la bellezza.

Il nuovo Telamone di Agrigento appare a molti come un elemento di discontinuità, persino di disturbo, in un contesto paesaggistico-archeologico ormai consolidato nei secoli. Tuttavia, ritengo che il Telamone disturbi limitatamente il panorama della Valle dei Templi. Il nuovo Telamone si nota appena e soltanto da una certa distanza, in particolare dai giardini della Kolymbetra. Avvicinandosi, dall’area del cosiddetto Santuario delle Divinità Ctonie e dal Tempio di Zeus, non si vede perché coperto dalla vegetazione circostante.

Questo progetto è considerato un oltraggio agli standard moderni di restauro e una mossa di marketing commerciale. In particolare, gli archeologi, che ai sensi dell’art. 9 bis del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio sono tra i professionisti autorizzati a intervenire sui beni culturali, hanno mosso le più vive critiche. Purtroppo, hanno potuto farlo solo a cose fatte, poiché durante la progettazione non è stato consultato neppure un archeologo.

Del resto, i parchi archeologici siciliani sono affidati alla gestione di professionisti di varie discipline, a eccezione degli archeologi. Personalmente, ritengo che si dovrebbero utilizzare le competenze specialistiche per valorizzare il patrimonio culturale, e la Regione Sicilia dovrebbe procedere al più presto con l’indizione di un concorso per aumentare il numero di archeologi e professionisti della cultura nella dirigenza regionale, così come indicato dalla legislazione italiana e dalle Convenzioni Europee di La Valletta e di Faro.

Agrigento si prepara al suo ruolo di Capitale della Cultura 2025 con un nuovo Telamone che ha suscitato un vivace dibattito tra coloro che lo considerano un tributo all’antica gloria della città e coloro che temono per l’integrità e l’autenticità del sito archeologico. Mentre alcuni applaudono l’innovazione del patrimonio storico-culturale, altri esprimono preoccupazioni per le implicazioni negative e i costi associati al progetto. È chiaro che il futuro del nuovo Telamone di Agrigento continuerà a essere oggetto di discussione e riflessione, mentre la città cercherà di bilanciare la conservazione del passato con le esigenze del presente.

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