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Cataldo Parisio un umanista siciliano alla corte portoghese di Giovanni II

di Francesco Paolo Pasanisi
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Uno degli umanisti più conosciuti in Europa e non in patria è il siciliano Cataldo Parisio, giureconsulto e poeta celebrato in Portogallo. Egli forse nacque a Palermo nell’anno 1455 per il Mongitore<1708> ed il Narbone<1859> o a Sciacca per il filologo  Américo da Costa Ramalho <1944>, il più grande studioso di Cataldo Parisio. Appartenne forse  alla famiglia nobile Parisi seu Aquila  marchese di Oleastro o Agliastro, domiciliata da tempo a Palermo. Nicolò Antonio <1672> lo ha creduto, nella “ biblioteca spagnola”, nato a Vizzini, città che diede i natali all’amico ed umanista Lucio Marineo Siculo ( 1444 – 1533 ). Intensa la corrispondenza fra il Parisio e Marineo che operò tantissimo in Aragona e Castiglia. In una lettera diretta a Lucio si può osservare un elenco di laureati a Ferrara. In questa è presente un Parisio nato a Sciacca, laureatosi il 14 luglio 1451 ed un Parisio “siculus” che si laureò in diritto il 21 febbraio 1484. Quindi si è propensi ad identificare il Nostro con il secondo. ( Cfr. A. S. per la S. Or. IX pag. 34). Cataldo Parisio  morì a Lisbona verso il 1517. Corre l’obbligo di affermare che il Parisio non fu umanista nel senso di erudito e grammatico ma nel significato classico che nel Rinascimento si dava ad un sapiente ritenuto tale per la sua eticità. Rifacendosi alla concezione di Humanitas di Cicerone. Humanitas che comprendeva tutte le facoltà del vir, facoltà innate e acquisite. Facoltà  tendenti alla ragionevolezza alla civiltà e alla cultura morale ed estetica ma non estetizzante ( Proverbia ).

Nel 1460  lo incontriamo, bambino, nell’ex fondo del Monastero di S. Caterina, in contrada Margifaraci. Qui sorgeva una villa, oggi non più esistente, conosciuta nel XIX secolo con il nome del coevo proprietario: Sillitti. Nel 1466 iniziò gli studi a Messina alla scuola del filologo greco Costantino Lascaris (1434-1501), per continuarli all’Università di Bologna. Nel 1477 fu chiamato nella città di Padova per insegnarvi retorica, stipendiato con 200 fiorini d’oro. Sembra che non fosse troppo gradito agli studenti e osteggiato da Raffaello Regio, che gli succedette nell’insegnamento, però ebbe una vena satirica quasi come quella del Ariosto. Si laureò anche in Diritto Civile a Ferrara nel 1484 per insegnarvi subito dopo. Cataldo raggiunse un alto senso di indipendenza di giudizio che oggettivamente lo caratterizzò nel suo operato.  Venezia lo accolse nell’ultimo periodo di permanenza in Italia, come egli stesso  scrisse nei “Proverbia”. A Sciacca per un breve periodo ricoprì la carica di “giudice della capitania cittadina”.

In seguito il Parisio si recò all’estero, infatti fu inviato in Spagna, presso la corte di Ferdinando II, dal suo amico e letterato Lucio Marineo, anch’egli siciliano. Qui rimase qualche anno. Poi, dopo un lungo estenuante e freddoloso viaggio attraverso i Pirenei, si stabilì definitivamente in Portogallo verso il 1485. In questo Stato ebbe l’incarico di precettore di Giorgio  figlio illegittimo del sovrano Giovanni II ( 1481 – 1495 ) e la bellissima Anna Mendonça. Il ragazzo, molto gracile, spesse volte venne trattato dal poeta con eccessiva severità ma il giovane, nonostante tutto, lo chiamò sempre “patrem, quam magistrum”. Parisio per questo incarico venne ricompensato con 30.000 cruzados reali all’anno.

Questo re, detto il severo o il perfetto, fu valoroso nelle armi e saggio in politica. Da principe, nel 1476, sconfisse gli “spagnoli” nella battaglia di Toro (Zamora), nella stessa il padre Alfonso V era stato sopraffatto. La guerra con la Castiglia finì tre anni dopo con il trionfo portoghese sancito dal trattato di Alcaçovas, che stabilì il controllo esclusivo del Portogallo sull’Atlantico a sud delle isole Canarie. Le continue dispute per le attività esplorative vennero risolte dalle due nazioni con il trattato di Tordesillas, nel 1494. ( Cfr. Alvarez Polenzuela Vicente Angel “La guerra civile castigliana e il confronto con il Portogallo”, 2006 ).

Giovanni II fu il promotore del Rinascimento Lusitano ed ebbe contatti e scambi epistolari con il poeta Poliziano. Da Firenze Lorenzo il Magnifico gli inviò il celebre architetto Sansovino per effettuare lavori alla corte lusitana e gli fornì anche antichi codici miniati, conservati oggi nella “Biblioteca Nazionale del Portogallo” a Lisbona. Così la capitale del Regno divenne il centro principale di diffusione dell’Umanesimo nella penisola iberica grazie al Parisio.

Famosa l’epistola inviata al marchese Ferdinando Menesio considerata il manifesto ufficiale dell’Umanesimo portoghese. In questo stato fu precettore anche del poeta lusitano Enrico Cajado che lo ricordò con affetto e devozione in un suo epigramma, tramandandoci notizie biografiche sul Nostro. In Cajado, grazie al Parisio, nacque la passione per i classici che lo indirizzò ad una formazione tecnica, intellettuale e culturale di pregio.

Cataldo Parisio non fu chiamato alla corte di Giovanni II in nome del mecenatismo ortodosso, ma per “vergare” le lettere indirizzate dal sovrano ai papi, Innocenzo VIII e Alessandro VI, e ai regnanti più autorevoli e potenti del tempo. Fu oratore ufficiale della corte grazie alla sua arte di saper esporre gli argomenti. Inoltre ha sovrinteso all’educazione del principe. Il poeta siciliano è ritenuto umanista, giureconsulto  e letterato. Uomo eclettico ed amante della verità, alla Cicerone; egli seppe essere sempre indipendente nei “giudizi” grazie agli insegnamenti ricevuti all’Università di Bologna. In seguito divenne precettore dei figli degli aristocratici più importanti dello regno lusitano.

Poeta epico, in “Arzitinge”, canta le gesta dei sovrani lusitani, Alfonso V e Giovanni II, in terra d’Africa e la conquista di Tangeri da parte delle truppe portoghesi. Per l’occasione venne creato “ l’Ordine di Torre e Spada”. Nelle Elegie e negli Epigrammi ha saputo mettere in luce la sua vena satirica.

Cataldo Parisio compose le sue opere, in versi ed in prosa, esclusivamente in latino classico, lingua dei dotti e dei diplomatici, rifacendosi alle tendenze del classicismo umanistico. Asserì sempre che la lingua latina fosse fondamentale per il “vir” del Rinascimento. Nella penisola italica, nel medioevo, il latino fu in uso per i trattati scientifici. “Epistolae Cataldis” e “Poemata”, le opere principali del poeta siciliano, sono state stampate dal tipografo moravo Valentin  Fernandez nel 1500 e sono degli incunaboli rarissimi e se ne conoscono solo 3 o 4 esemplari, ma nessuno presente in Italia. Il formato è in folio ed i caratteri tipografici sono gotici testuriani.

Giovanni II del Portogallo accordò asilo politico ai 90.000  Ebrei cacciati dalla vicina Spagna, concedendo loro un soggiorno di otto mesi in cambio di otto cruzados a persona. Però due anni dopo la morte del sovrano, all’età di quarant’anni, i Giudei dovettero abbandonare il territorio lusitano, anche perchè la popolazione li riteneva responsabili della peste. In seguito  molti giovani vennero deportati all’infido arcipelago di S. Tomé e Prìncipe.

Giovanni II non ascoltò Parisio che gli aveva consigliato di finanziare Cristoforo Colombo per la scoperta della nuova via delle Indie, il sovrano non lo ritenne opportuno. Alla morte del re la situazione economica del poeta cambiò notevolmente, infatti Cataldo mise in luce, in un epitaffio per la sua tomba, le misere condizioni e quelle dei suoi tre figli. Anche se il nuovo sovrano gli avesse aumentato la pensione statale di 10.000 cruzado d’argento ( tutto lo si evince anche da una lettera del vescovo di Cefalù Rinaldo o Arnaldo Montoro e Landolina, O.P.<1496-12.10.1511> )  dovette andare ad abitare in una misera casa di un borgo ebraico, già tristemente famoso per l’eccidio del 1506 di circa 2.000 giudei già convertiti. Ciò sta a dimostrare l’onestà del Parisio, che non seppe mai approfittare di nulla. Il poeta si trovò anche in questa situazione poiché gli ideali dell’Umanesimo e del Rinascimento cedettero il passo al mercantilismo più sfrenato ed i capitali dell’erario furono investiti, dal nuovo re Manuel, cugino del predecessore, salito al trono nel 1495, per la scoperta di nuove terre e quindi nuove vie di commercio grazie a Vasco di Gama, protetto dal sovrano. Manuel diede luogo nell’arte allo stile “manuelino”, cioè ad un’ibrida mescolanza fra motivi gotici e naturalistici. A quest’ultimo  regnante Cataldo Parisio dedicò il poema “Aquila”, un vero inno alla gloria. Spesse volte il titolo dell’opera compare  accanto al nome del poeta e lo si aggiunse erroneamente ( Seu Aquila ) pensando fosse un titolo o un patronimico o come afferma il canonico Schiavo: il nome gli fu dato a posteriori soltanto per il suo talento che lo rendeva simile ad un’aquila.

Nell’Epistola < I, g v > il poeta così parlò della moglie: “Uxorem meam castissimam, fidelissimamque humane vite sociam a puero mihi unitam Deo, hominibus consentientibus, per tot urbes, per tot regna mecum gradientem, semper illesam quisquam eripiet, praesertim in Portugalia rege, regina, totoque regno iuvantibus” a conferma che fu sposato e non come è stato narrato da qualche parte che fosse celibe.

Girolamo Tiraboschi ( 1731-1794 ), nella sua “Storia della letteratura italiana” scrivendo di Cataldo Parisio grammatico, affermò che nei suoi riguardi non mancarono i denigratori e gli invidiosi, come anche sinceri e riconoscenti ammiratori.

OPERE

La produzione letteraria del Parisio è stata intensissima e quasi tutta scritta in latino classico. I principali componimenti sono:  l’orazione “De bello Aphricano”. L’orazione “ De morte Alphonsi Principis”. “Quatuor aut quinque elegiarum et alia”. “Epistole” ( 1500 ). “Proverbia”. “Poemata” ( 1502 ). L’opera perduta “Omnia Cataldi Aquilae Siculi” ( 1509 ). Il poemetto “Verus Salomon, sive Martinus ad Comitem Alcontinium et alia” (1509 ). “Epistolae et Orationes” ( 1500 ) seguite dalla seconda parte “Cataldi epistolarum et quarundam oratione,…” ( 1513 ). Il poema “Visiones” del 1514, in cinque libri,  ispirato alle “Metamorfosi” di Ovidio e dedicato alla regina Maria del Portogallo. “Arzitinge” per esaltare la conquista di Ar-Zilah e Tangeri da parte dei portoghesi. “De Divina Censura et Verbo…”. “Liber Elegiarum” in due libri. Il poema epico “Aquila”, in quattro libri, è un inno alla gloria di Santarem, città conquistata da Alfonso Henriques, primo re del Portogallo e fondatore della monarchia lusitana . “Liber Cataldi Epithalamium ad Alvarum Castellae praesidem”. Infine il poema didascalico e incompleto, in esametri, “De Perfecto Homine”. Qui mise in luce la personalità di Giovanni II, caratterizzata dalla prudenza e sapienza.

APPENDICE

IOANNES  PORTUGALLIE  REX 

PETRO  MEDICES. S.

( Dall’Epistolario di Cataldo Siculo, Lisbona, 1500 )

Lettera a Piero dei Medici, figlio di Lorenzo

Ad patrem tuum, magnae autoritatis virum, antequam evita migraret, in commendationem Boetii pisanis scripsimus. Nam cum eius erga nos resque nostras optimam intelligerem voluntatem et saepe rerum nostra rum causa curam et latore subisse, non distulimus tam bonum illi in nos animum amici set iis a quibus aliquando sublevari potuisset per letras manifestare. Quem quidem virum non minus tibi carum quam patri fuerat, esse cupimus. Quapropter petimus rogamusque ad modum ut tantum in illum tuae optimae voluntatis causa nostra accedat quantunque patri set tu ipsius amor junctus et conduplicatus exposcit; quod nos inter complura alia praecipuum locabimus. Vale

LUCII  MARINEI  SICULI  EPISTOLARUM LIBER  QUINTUS 

CATALDUS  PARISIUS  SICULUS  LUCIO  MARINEO  SICOLO  S.

( Lettera di Lucio Marineo Siculo a Cataldo Parisio giureconsulto e Poeta, anno 1514 n.17 )

Secundae literae tuae fecerunt ne priores mitterem quae: huis modi erant. Scripsisti ad me sponte et ipse provocatus tacui: tu laude ego vero repraehentione dignus. Tu humanior diligentior et mei amantior: ego incultior segnior ac silvestrior iudicandus sum: quare ignosce. Spero tamen post hac me tantae erga te inurbanitati literarum crebritudine satisfacturum. Quod si minus fiet quam tu veli set ipse iure debeo veniam dabis occupationibus meis. Vale. Consilium de te meum: quod tantopere saepe requiris et efflagitas: et si non verum fidele tamen et amicum accipe. Si divicias cupis ditissimam Venetiarum urbem petito: inique emorere. Si ad laudem famam brevissimumque sumum: quod poetis peculiare est: anhelas: reges tuos sequere autem eorum curiam. Idque aliquo modo vocatus non tua sponte facias. Si utrumque: ut decet philosophum: negligis in patriam reverte.Haec est quo ad te animi mei sententia. De me robustissimo bove illud habeto:  ……………………………………  Sed ad siculos revertamur. Quid dicam ? In eam nos siculi plerisque hispanis venimus opinionem: ut dictum Hieronymo tributum: quod adhuc nusquam memini me legisse:  saepe exprobent. Omnes insulani mali siculi autem pessimi: esto dixerit. Ab illa Hieronymi  ad hanc usque aetatem multa excurrerunt saecula: et ob id varias hominum mutationes extitisse: nonne idem solum anno uno salutiferas herbas altero inutiles spinas interdum producit? Si liceret de patriae laudibus et de singulis in omni virtutum genere praestantibus honeste referre:  non vane possem dicere mille facundissimi oratores ab insulae primordiis ad odiernam usque diem siculorum gesta artes scientias sanctitates per mille annos sine intermissione notantes, non adhuc absolverent:iisque tam temere tamque imprudenter contra siculos mentiunt ec.: oculos quidem corporis dedit excelsus Deus: quibus pravos malosque: si qui sunt: siculos videant. At oculos mentis: quibus eminentissimo set consumatos siculos discernano: prorsus ut indignis abstulit. Non advertunt obstuli rudes caecique ex agris fruticosis spinosi set asperis maximos proventus evenire solere quociens diligenti cultura runcantur abraduntur arantur et poliuntur. Equos quoque eos praecipue viribus cursu saltuque excellere videmus: quos ferociores perversioresque in domando antea cognovimus: evulsis enim eiectisque naturae vitiis ipsae relucescunt virtutes. Et sorte si quis est: qui mihi imbecilli cordis imbecillaeque periciae verissima dicenti fidem non habeant: in iis paucissimis:  quod de compatriotis attigi: non duos tresve aut quattuor testes incredulo: quibus ad sanctissimas furcas iuridice perducatur: sed universos fere utriusque linguae autore ad testimonia dicenda exhibeo: sed de istis haec hactenus: Martinus mendus erit mihi post haec tua causa charissimus: nec unquam ullis in rebus inveni deero. Vale.

     <nella trascrizione della lettera ho sciolto le abbreviazioni e mantenuto la punteggiatura originale>

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