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Il Massacro delle Foibe per molto tempo ignorato

di Esther Di Gristina
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Le foibe sono cavità naturali, profonde fenditure carsiche che si trovano principalmente nel territorio dell’Istria, del Carso Triestino e in Dalmazia. Tuttavia, quando si parla di “foibe” in ambito storico, ci si riferisce soprattutto a un tragico capitolo avvenuto al confine orientale italiano durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Questi eventi si inseriscono in un contesto molto complesso, fatto di contrasti etnici e nazionalisti tra italiani, sloveni e croati. Vendette politiche e repressioni da parte delle truppe comuniste di Tito. Le conseguenze sono state determinate dall’occupazione fascista della Jugoslavia (1941-1943), durante la quale furono commesse violenze da parte italiana.

Ma facciamo un passo indietro per fare una sintesi su ciò che è accaduto. Fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, l’Istria, la Dalmazia e parte della Venezia Giulia erano sotto il dominio dell’Impero Austro-Ungarico. La popolazione era mista: italiani, sloveni, croati e altre minoranze convivevano in una realtà multietnica, ma spesso con tensioni nazionali, linguistiche e religiose.

Con il Trattato di Rapallo (1920), dopo la Prima Guerra Mondiale, l’Italia annetté l’Istria e parte della Dalmazia. Questo generò risentimenti tra le popolazioni slave (soprattutto sloveni e croati), che si trovarono sotto il controllo italiano. Da questo momento partì un’operazione di italianizzazione forzata, soprattutto durante l’età fascista, che impose politiche di assimilazione culturale (vietato l’uso delle lingue slave, chiusura di scuole e giornali, cambiamento dei cognomi).

Il termine foibe viene utilizzato per indicare gli eccidi delle foibe, ovvero le uccisioni di civili e militari italiani (e non solo) da parte dei partigiani jugoslavi, avvenute principalmente l’8 settembre 1943, dopo l’armistizio che determinò un periodo di vuoto di potere nella Venezia Giulia e in Istria.

Gli eccidi avvennero in due fasi principali. La prima, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, con l’occupazione tedesca e il collasso dell’amministrazione italiana e alla fine della guerra, tra il maggio e il giugno 1945, con l’entrata dell’Esercito di liberazione jugoslavo diJosip Broz Tito nei territori contesi. In quel contesto furono praticate in parte rappresaglie contro il fascismo italiano, ma anche strumentalizzazioni politiche e pulizia etnica per slavitizzare le zone contese.

La seconda fase avvenne tra il 1945 e il 1947, durante e dopo la fine della Guerra, quando l’esercito jugoslavo di Tito occupò parte del territorio italiano. Le vittime, gettate vive o uccise nelle cavità naturali (le foibe), erano accusate di essere fascisti, collaborazionisti, o semplicemente italiani non graditi al nuovo regime jugoslavo. Tra loro c’erano anche sloveni e croati oppositori del comunismo.

I numeri delle vittime sono ancora oggetto di discussione tra storici, per motivi sia ideologici, sia di documentazione incompleta. Le stime vanno da alcune migliaia a oltre 10.000 vittime. Alcune stime più contenute indicano circa 4.000 – 5.000 morti nelle foibe o in altre forme di epurazione. Stime più alte arrivano a indicare fino a 10.000 – 15.000 morti, includendo anche i dispersi.

I profughi “giuliano-dalmati” cioèitaliani originari della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, furono costretti ad abbandonare le loro terre natali, in seguito ai cambiamenti geopolitici determinati dal secondo dopoguerra. Questo, noto come “esodo giuliano-dalmata”, coinvolse tra le 250.000 e le 350.000 persone. Italiani, fuggiti o espulsi, che lasciarono l’Istria, la Dalmazia e Fiume, tra il 1943 e il 1956.

L’Italia perse territori, che entrarono a far parte della Jugoslavia con il Trattato di Parigi del 1947. E grandi perdite economiche furono anche per lo Stato italiano, e per i profughi, che lasciarono proprietà, terre, case e beni. Interi villaggi e città italiane dell’Istria e della Dalmazia furono abbandonati o ripopolati con slavi jugoslavi.

Le Foibe rappresentano una tragedia nazionale italiana e un esempio di violenza politica ed etnica. Anche se il numero esatto delle vittime resta oggetto di dibattito, il riconoscimento istituzionale è arrivato con troppo ritardo nel commemorare “la Giornata del Ricordo”, istituita nel 2004, e celebrata il 10 febbraio di ogni anno.

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