ROMA AL CINEMA. Quo Vadis

Quando nel 1951 è uscito nelle sale Quo Vadis, diretto da Mervyn LeRoy e prodotto dalla Metro-Goldwyn-Mayer, il cinema americano ha firmato uno dei suoi kolossal più celebri e spettacolari. Un’opera monumentale, sia per la produzione cinematografica, sia per la visione che offre sulla Città Eterna e sui primi anni della storia del Cristianesimo. Anche se questo non significa che questa immagine della Roma imperiale sia fedele alla realtà storica.

Tratto dall’omonimo romanzo storico di Henryk Sienkiewicz, Quo Vadis è un racconto ambientato nella Roma del I secolo d.C. La vicenda principale è la storia d’amore tra il console Marco Vinicio (interpretato da Robert Taylor) e l’ostaggio Ligia (impersonata da Deborah Kerr). Sullo sfondo, la crescente tensione tra la Roma dei culti pagani, corrotta e dissoluta, e la Roma cristiana, simbolo di una società senza schiavi, da conquistare con amore e sacrificio.

Nel luglio del 64 d.C., Marco Vinicio torna a Roma dopo una campagna vittoriosa contro i Britanni, ed è accolto dallo zio Petronio (interpretato da Leo Genn). L’ambizione e la fedeltà al potere imperiale di Marco Vinicio sono messi alla prova dal suo amore per Ligia e dalla crescente fede in un potere e in una religione più giusti.

Ligia è una principessa della Ligia (un territorio nell’Europa centro-orientale, tra l’odierna Polonia, la Boemia e le regioni baltiche) offerta come garanzia di un accordo di pace e portata a Roma quando era bambina. Sebbene cresciuta come figlia adottiva dall’ex-console Aulo Plauzio (interpretato da Felix Aylmer) e sua moglie, ella è di fatto una schiava. Alla sua condizione di ostaggio si unisce il fatto che è anche una delle fanciulle più devote alla nuova fede cristiana.

La prima comunità cristiana di Roma, mostrata in Quo Vadis, è composta da persone di differente origine e classe sociale. Si convertono al Cristianesimo cittadini romani e stranieri, schiavi, plebei e patrizi. Le guide spirituali di questa comunità sono i futuri santi Paolo e Pietro (interpretati rispettivamente da Abraham Sofaer e Finlay Currie). È per proselitismo che Paolo spinge Ligia ad avvicinarsi a Marco Vinicio, perché convincere un soldato come lui significherebbe convincere l’intera Roma.

La storia d’amore tra Marco Vinicio e Ligia si intreccia con la rappresentazione del lusso licenzioso e corrotto della corte imperiale. L’imperatore Nerone è un uomo che vive con profondo disagio la sua condizione di imperatore-dio, ossessionato dalla propria gloria di artista. È sempre circondato da intellettuali che, invece di consigliarlo, si limitano ad assecondarlo per non perdere il proprio potere.

Nella sua follia, Nerone decide di incendiare Roma, per comporvi un’ode e per costruire una capitale degna del suo genio. Nella sua corte, i cristiani vengono percepiti come una minaccia all’ordine di Roma. Così, per calmare la rabbia del popolo romano, Nerone, sua moglie Poppea (interpretata da Patricia Laffan) e il prefetto del pretorio Tigellino (impersonato da Ralph Truman) decidono di usare i cristiani come capri espiatori, accusandoli dell’incendio della città.

Inizia la persecuzione: tanti seguaci di Cristo vengono arrestati e destinati ad essere uccisi mediante damnatio ad bestias e arsi sulle croci. Tra i tanti cristiani arrestati ci sono anche Ligia e Pietro. Quest’ultimo, viene crocifisso a testa in giù sul colle Vaticano: è la pietra sulla quale si baserà la Chiesa Cristiana

Marco Vinicio è inizialmente sconcertato dai dettami della fede Cristiana ed è spinto soltanto dalla passione amorosa. Gradualmente, viene vinto dal coraggio e dalla forza dei cristiani, e intraprende un cammino di trasformazione spirituale e ribellione politica.

Alla fine, la fede trionfa sull’oppressione: Marco riesce a salvare Ligia dall’arena e a capeggiare una rivolta dell’esercito e del Senato, che conduce il proconsole Galba a Roma. Nerone prova a fuggire, ma circondato da nemici e rimasto solo, sceglie di togliersi la vita.

La ricostruzione della Roma neroniana si muove tra suggestione e anacronismi. Dal punto di vista storico, Quo Vadis mostra una certa accuratezza generale ma anche varie semplificazioni narrative.

È corretto il contesto della persecuzione dei cristiani sotto Nerone, collocata dopo l’incendio di Roma del 64 d.C. La persecuzione di Nerone, concentrata solo sulla città di Roma, condannò i cristiani a morire crocifissi, sbranati da bestie feroci e arsi sulle croci. Le condanne furono eseguite nel Circo di Nerone (situato tra le pendici del colle Gianicolo e la piana del Vaticano), come vediamo nel film, ma anche lungo i viali dei vicini horti di Agrippina.

È invece sbagliato il fatto che sembrano passare pochi giorni tra l’incendio e la morte di Nerone. Tacito e Svetonio raccontano che Nerone, fuggito da Roma, si suicidò nel 68 d.C. aiutato dal servo Epafrodito. Il suo personaggio, così eccessivamente caratterizzato, risponde più alla logica del dramma che a quella della storiografia.

L’imperatore Nerone incarna l’archetipo del sovrano folle, esteta e narcisista. Attorno a lui si muovono figure storiche realmente esistite, come Seneca, Petronio, Poppea e Aulo Plauzio. Insieme a personaggi di fantasia, come Marco Vinicio, Ligia, Ursus (Buddy Baer) ed Eunice (Marina Berti).

La presenza di alcuni personaggi sono veri e propri errori storici. In Quo Vadis, Lucio Anneo Seneca (interpretato da Nicholas Hannen) rimane addirittura in vita dopo la morte di Nerone. In realtà, il noto filosofo morì nel 65 d.C., poco dopo il grande incendio e per volere di quell’imperatore che lui stesso aveva istruito.

Poppea Sabina, seconda moglie di Nerone, morì tra il 65 e il 66 d.C., molto probabilmente a causa di problemi di gravidanza. In Quo Vadis muore poco prima del marito, che la strangola, rispecchiando i racconti degli storiografi ostili a Nerone. Questi ultimi riportarono che l’imperatore avesse ucciso la moglie prendendola a calci o avvelenandola.

In Quo Vadis, Poppea suggerisce a Nerone di accusare i cristiani dell’incendio, per sviare i sospetti dal marito e vendicarsi di Marco Vinicio. Probabilmente, l’imperatrice ebbe davvero un ruolo in quell’accusa, legata com’era al mondo giudaico. Infatti, gli ebrei non vedevano di buon occhio i cristiani.

Di certo invece, Poppea non era una prostituta, come raccontato nel film. Ella apparteneva a una nobile famiglia romana e, prima di Nerone, era stata la moglie prima di Rufrio Crispino e poi di Marco Salvio Otone (che diverrà imperatore per alcuni mesi nel 69 d.C., dopo la morte di Nerone).

Uno dei personaggi più importanti della storia è certamente Gaio Petronio Arbitro: l’arbiter elegantiae (“arbitro di eleganza”) di Nerone. È un uomo raffinato e ironico, che osserva con sarcasmo i deliri artistici di Nerone e spesso litiga con Tigellino.

Tacito raccontò che Petronio era considerato una minaccia da Tigellino, che lo diffamò a tal punto da costringerlo al suicidio, nel 66 d.C. La morte cinematografica di Petronio deve molto al resoconto di Tacito: Petronio si recise le vene e se le fasciò un paio di volte, mentre intratteneva i suoi amici e scriveva una lettera in cui ridicolizzava l’imperatore.

Prima di lasciare Roma, Marco Vinicio osserva Galba entrare trionfalmente in città, giunto dalla Toscana con le sue legioni. In realtà, all’epoca della rivolta contro Nerone (68 d.C.), Galba si trovava in Spagna. E certamente non avrebbe potuto acquartierarsi con le sue legioni in Toscana, oltre il fiume Rubicone: il margine sacro che l’esercito in armi non poteva oltrepassare.

Aulo Plauzio, conquistatore e primo governatore della Britannia, ebbe una moglie di nome Pomponia, come effettivamente viene raccontato in Quo Vadis. Che lui fosse cristiano non è certo, mentre forse lo era sua moglie, dato che egli l’accusò di essere seguace di un “culto estraneo”.

La comunità cristiana a Roma nel I secolo d.C. era in crescita, ma ancora numericamente modesta. Era composta da schiavi, liberti, immigrati e alcuni membri delle classi umili della Città Eterna, e non era ancora organizzata con una gerarchia strutturata.

Inoltre, non esistevano ancora chiese: i cristiani si riunivano in case private. In Quo Vadis viene mostrata una grande riunione di fedeli, in occasione dell’arrivo di Pietro a Roma. La scena è ambientata in una grotta, forse l’ingresso di cava: probabilmente un legame con le future catacombe. Una delle fake news più longeve della storia cristiana è la credenza che i primi cristiani si riunissero in queste aree di sepoltura comunitaria dalle gallerie lunghe e strette, oltre che ben conosciute dalle autorità romane.

Un altro mito da sfatare è la credenza che i cristiani venissero perseguitati per il semplice fatto di credere in un dio straniero. In realtà, la società romana era caratterizzata da una fortissima tolleranza religiosa. In Quo Vadis, lo stesso Marco Vinicio è pronto ad accettare che la moglie creda in un culto straniero e monoteistico.

“C’è n’è un esercito di dei oggigiorno, e uno più o uno meno…”

e si propone di far costruire una croce colossale e una statua di Gesù Cristo. Egli non dimostra di avere in odio i cristiani, se non quando sembrano un ostacolo alla sua unione con Ligia, o un pericolo per la legge di Roma.

In ottemperanza al comandamento che imponeva di avere un solo e unico dio, i cristiani rifiutavano di adorare l’imperatore come divinità: questo rifiuto li rese sospetti e pericolosi agli occhi delle autorità romane. Da questa condizione, percepita come un oltraggio alle sacre leggi romane, nacquero le persecuzioni.

Allo stesso modo, il matrimonio di Marco Vinicio e Ligia, celebrato nel film da Pietro in persona, è un’invenzione cinematografica. In età romana, e fino al IX secolo, il matrimonio non aveva una liturgia specifica nella religione cristiana, e due sposi non avrebbero richiesto la benedizione di un sacerdote. Nell’antica Roma, il matrimonio era un atto religioso (perché prevedeva rituali agli dei) e un accordo tra le famiglie degli sposi.

In effetti, anche la ricostruzione archeologica della Roma di epoca neroniana è poco fedele. I dettagli architettonici e decorativi mostrano una spettacolarità utile a evocare un’idea grandiosa e monumentale di Roma. Anche le ricostruzioni interne, come i sontuosi saloni del palazzo di Nerone dalle pareti monocromatiche, derivano più dal gusto neoclassico e dall’estetica hollywoodiana, che dalle fonti archeologiche e dall’arte classica.

Girato in gran parte negli studi di Cinecittà, Quo Vadis fa un uso imponente di scenografie ispirate alla Roma classica. I set cinematografici ricreano luoghi come il Foro (per la scena del trionfo di Marco Vinicio), il Palatino (con la prima residenza di Nerone: la Domus Transitoria) e il Circo di Nerone.

Mentre la scena di inseguimento in biga è stata girata tra il Viale dei Cipressi e la Via Appia. Anche la prima scena del film è stata realmente girata sulla famosa strada consolare: la Via Appia degli anni ’50, coi monumenti funerari romani superstiti ancora visibili.

Non si può dire la stessa cosa della scena del “Domine, quo Vadis?”, dove la Via Appia sembra una semplice strada di campagna. L’incontro di San Pietro con lo spirito di Gesù Cristo è una delle prime leggende del Cristianesimo, contenuta negli Atti (apocrifi) di San Pietro. Nel punto in cui sarebbe avvenuto l’incontro, proprio sulla Via Appia, nei secoli successivi sarebbe sorta la Chiesa del Domine Quo Vadis, ancora esistente.

Ma, se nel film, Cristo parla attraverso il giovane Nazario (interpretato da Peter Miles), la leggenda vuole che Cristo fosse proprio comparso a Pietro. La sua presenza impresse l’impronta dei piedi su una lastra di marmo che ancora oggi è conservata nella Basilica di San Sebastiano fuori le Mura (mentre nella Chiesa del Domine Quo Vadis è esposta una copia).

È possibile che la Cloaca Maxima potesse essere una via di salvezza per coloro che tentavano di sfuggire alle fiamme, come si vede nella pellicola. Ma difficilmente poteva esserci un’ampia scalinata che permetteva di raggiungere i condotti fognari. Questa scenografia ricorda più i muraglioni del lungotevere visibili ancora oggi, ma costruiti soltanto alla fine dell’Ottocento.

Uno degli elementi visivamente più potenti di Quo Vadis sono i costumi, pensati per impressionare lo spettatore e sottolineare le differenze sociali e culturali. Anche in questo caso, le scelte risentono dello stile hollywoodiano: non si vede la toga praetexta, tipica dei senatori, e in alcuni casi il pallium sembra una sorta di mantello decorativo, legato alla cintura.

Le toghe senatoriali, le armature dei pretoriani, gli abiti delle ricche matrone hanno colori vivaci (con drappeggi più aderenti di quanto non fossero nella realtà), mentre le acconciature, i gioielli e gli accessori stravaganti mostrano un gusto moderno e indicano la smoderatezza del potere. Di contrasto le vesti dei cristiani sono semplici, tuniche grezze dai colori neutri, a simboleggiare umiltà e spiritualità.

Quo Vadis parla del conflitto tra una forza nuova e quella “fortezza fatta di potere e di corruzione, di miseria umana e di schiavitù” che governava il mondo. Perché, in effetti, dal IV secolo d.C. la croce cristiana ha sostituito l’aquila imperiale.

Di fatto, Quo Vadis riprende il respiro del romanzo ottocentesco di Henryk Sienkiewicz (Premio Nobel per la letteratura nel 1905). Entrambe le opere sono più orientate alla contrapposizione tra la dissolutezza del paganesimo e la purezza del Cristianesimo, che a un’analisi storica. Il Cristianesimo è idealizzato, mentre il paganesimo è demonizzato.

Il film offre l’immagine di una Roma opulenta ma dominata dalla corruzione e dagli intrighi, teatro di lussi sfrenati e crudeltà imperiali. È il palcoscenico di un dramma etico e religioso: un mondo sull’orlo della rovina morale, in netto contrasto con l’innocenza e la spiritualità della prima comunità cristiana, ingiustamente perseguitata.

Tra questi due opposti, spicca la figura di Petronio: un intellettuale raffinato e malinconico, estraneo sia alla brutalità del potere, sia alla benevolenza della fede cristiana. Quando capisce che non può più influire su Nerone, sceglie la morte, lasciando un’ultima e beffarda lettera all’imperatore. La sua dipartita, sobria e consapevole, si contrappone sia alla follia urlata di Nerone, sia alla compostezza dei martiri cristiani.

Una contrapposizione rafforzata dalla figura di Ligia: la nobile e pura principessa straniera e cristiana, in contrasto con la decadenza morale della Roma imperiale. Callina, la principessa dei popolo dei Ligi, scelta non a caso da un autore polacco qual’era Henryk Sienkiewicz.

Marco Vinicio è fedele innanzitutto a Roma. La sua lealtà all’imperatore è spiegabile col fatto che Nerone gli offre un trionfo, uno dei più grandi successi per un cittadino romano impegnato nel cursus honorum tanto da raggiungere il titolo di console, e che quindi chiaramente si occupa di politica. Però, nel momento in cui Nerone diventa un pericolo per Roma, Marco Vinicio non esita a schierarsi con Galba.

Lo stesso Petronio, sempre così sarcastico e sagace nei confronti di Nerone, le sue lagnanze e i suoi capricci, non riesce a nascondere lo sdegno di fronte alla distruzione della città. Quo Vadis è una dichiarazione d’amore a Roma.

Ma la Roma che dura da più di otto secoli? Dopotutto, oh divino, la vecchia Roma, la nostra Roma, sporca e magnifica, ma sempre amata Roma è ancora là.
[…]
Roma ha dato al mondo giustizia e ordine. Firma, e Roma potrebbe riceverne un colpo da non ricollevarsi. Perseguitando questi cristiani ne farai dei martiri, garantendone l’immortalità. Condannandoli, agli occhi della Storia, tu condanni te stesso.

Le parole di Petronio sembrano profetiche. Nerone venne accusato, a ragione, di uxoricidio e di matricidio, e poi di aver incendiato Roma. Per questo venne infine condannato alla damnatio memoriae.

Tuttavia, Nerone non fu responsabile dell’incendio che per nove giorni imperverso a Roma in quel luglio del 64 d.C. Oltre ai danni riportati alle sue proprietà, questo gesto lo avrebbe reso nemico di un popolo che invece lo sosteneva. Anche l’immagine di Nerone che suona la cetra e canta osservando Roma bruciare è una menzogna. È il ritratto che la storiografia filo-senatoria ha dato di lui: un tiranno dedito più all’arte che alla politica.

Gli storici hanno in parte rivalutato la figura di questo imperatore controverso. Lucio Domizio Enobarbo, meglio conosciuto come Nerone, era certamente un personaggio poliedrico. Era un amante della musica che osava esibirsi a teatro, un saggio benefattore del popolo di Roma, ma anche un uomo che pur di difendere il proprio potere non esitava a complottare e a condannare a morte.

Nonostante le licenze storiche e archeologiche, Quo Vadis ha il merito di aver riportato sullo schermo la grande storia di Roma, con un linguaggio epico e una colonna sonora sontuosa (a firma di Miklos Rozsa). Ha inaugurato una stagione di kolossal storici e religiosi che proseguirà con pellicole come Ben-Hur e Spartacus (del quale abbiamo già parlato in questa rubrica).

Quo Vadis ebbe un grande successo, ma ottenne soltanto otto candidature agli Oscar, senza riuscire a conquistarne neppure uno. Un riconoscimento mancato che però non ha impedito alla pellicola di influenzare profondamente l’immaginario popolare sulla Roma antica.

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