Negli anni ’40 del XX secolo durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti occuparono la Groenlandia per motivi strategici e militari, in particolare per prevenire un’invasione tedesca. Nel 1940 la Danimarca, che aveva la sovranità sulla Groenlandia, fu occupata dalla Germania nazista, questo creò il rischio che anche la Groenlandia potesse essere usata dai tedeschi come base militare o di rifornimento, data la sua posizione strategica nell’Atlantico.
La Groenlandia ha una posizione geografica chiave tra Nord America ed Europa, controllarla significava poter sorvegliare e proteggere le rotte di navigazione atlantiche, fondamentali per i rifornimenti bellici. Altrettanto importante era per controllare il meteo dell’Atlantico Settentrionale. Gli Stati Uniti volevano evitare che i tedeschi usassero la Groenlandia per costruire stazioni meteorologiche, che avrebbero dato un vantaggio nelle previsioni strategiche.
Nel 1941, gli Stati Uniti stipularono un accordo con l’ambasciatore danese a Washington, che rappresentava il governo danese in esilio. Questo accordo autorizzava gli USA a proteggere la Groenlandia e a costruirvi basi militari, come la celebre base di Thule (ma ciò avvenne diversi anni dopo). Quindi, l’occupazione non fu una conquista in senso stretto, ma una mossa difensiva e strategica, nel contesto del conflitto mondiale in corso.
Oggi la base di Thule (pronunciata “Tù-le”) è una delle installazioni militari statunitensi più remote e strategiche al mondo. Si trova nella Groenlandia nord-occidentale, a circa 1.500 km dal Polo Nord. La base fu costruita senza consultare pienamente la popolazione locali inuit (eschimesi), che venne forzatamente spostata nel villaggio di Uummannaq vicino a Thule.
La sua costruzione iniziò nel 1951, durante la Guerra Fredda, come parte di un accordotra gli Stati Uniti e la Danimarca. Gli USA volevano una base aerea avanzata per il monitoraggio dei missili sovietici e per la difesa aerea dell’America del Nord. Fu costruita in condizioni estreme e la sua realizzazione fu un’impresa titanica: come il trasporto di oltre 12.000 persone e tonnellate di materiale. Le sue funzioni strategiche sono costituite da una stazione radar di allerta precoce, parte del sistema di difesa antimissile NORAD, che serve per rilevare lanci di missili balistici provenienti dalla Russia e ospita anche impianti per la sorveglianza spaziale e satellitare.
Il 21 gennaio 1968 avvenne il cosiddetto “incidente di Thule”. Un bombardiere B-52 dell’aeronautica statunitense si schiantò vicino alla base aerea di Thule. Questo aereo trasportava quattro bombe nucleari nell’ambito di una missione di deterrenza durante la Guerra Fredda. Il B-52 ebbe un incendio a bordo e l’equipaggio fu costretto ad abbandonarlo. L’aereo si schiantò sul pack ghiacciato e le bombe nucleari si distrussero nell’impatto, disperdendo materiale radioattivo.
Le autorità statunitensi e danesi avviarono una massiccia operazione di pulizia chiamata “Operation Crested Ice”. L’incidente causò contaminazione radioattiva nell’area e sollevò forti preoccupazioni politiche e ambientali. Specialmente perché la Danimarca aveva proibito la presenza di armi nucleari sul suo territorio e quindi anche in Groenlandia. Ancora oggi Pituffik è una base area attiva, gestita dalla United States Space Air Force, che gioca un ruolo fondamentale nel sistema globale di sorveglianza satellitare e missilistica.
Il contesto ambientale della Groenlandia è determinato da clima artico estremo: buio totale per mesi in inverno. La durata della luce in estate varia: mentre quello fra giugno e luglio rappresenta quello più intenso. Il terreno è permafrost con venti forti, e temperature che possono scendere sotto i – 40°C.
La Groenlandia è territorio autonomo della Danimarca, ma non uno stato indipendente. Nel 2009 ha ottenuto un’autonomia più ampia con una legge chiamata Self-Government Acte controlla quasi tutti gli affari interni: istruzione, polizia, risorse naturali, ecc. La Danimarca gestisce ancora difesa, politica estera e moneta.
Ma la Groenlandia potrebbe decidere di diventare indipendente, attraverso un referendum. La sua economia, tradizionalmente basata su pesca e sussidi danesi, sta cercando nuove fonti di reddito. Ci sono grandi riserve di minerali rari, uranio, petrolio e gas, ma lo sviluppo è controverso per motivi ambientali e politici. Il cambiamento climatico sta sciogliendo i ghiacci, rendendo accessibili zone prima inaccessibili.
Soprattutto, la posizione della Groenlandia nel circolo polare artico la rende strategica: per questo USA, Russia e Cina hanno mostrato interesse crescente. Nel 2019, Donald Trump propose di “comprare” la Groenlandia dalla Danimarca. Proposta che fu respinta con stupore (e anche ironia). Gli Stati Uniti però rafforzarono i legami e riaprirono un consolato a Nuuk, la capitale.
La Groenlandia che ha una superficie di 2.166,000 km2 circa 7 volte quella dell’Italia e una popolazione di 56,865 individui (2023). È uno dei luoghi più colpiti dal riscaldamento globale, il suo ghiaccio si sta sciogliendo rapidamente, contribuendo all’innalzamento del livello del mare. Questo crea sfide, ma anche opportunità: nuove rotte navali, accesso a minerali, ma a costo di danni ambientali e culturali imprevedibili.
I groenlandesi stanno dibattendo su vaie questioni, come l’indipendenza dalla Danimarca, lo sfruttamento delle risorse e la protezione dell’ambiente. Il partito Inuit Ataqatigiit, che è ambientalista e favorevole all’indipendenza, ha vinto le elezioni del 2021.
Oggi, sempre più i groenlandesi vogliono l’indipendenza dalla Danimarca. La popolazione cerca di rafforzare la propria identità culturale, linguistica e politica. Tuttavia, l’economia è ancora molto dipendente dai fondi danesi, quindi l’indipendenza è desiderata, ma non sembra ancora realizzabile a breve termine.