Gli Sciamani del Nord America: custodi di antiche tradizioni

Gli sciamani del Nord America: figure centrali e complesse nelle culture indigene nordamericane. L’analisi che segue parte dalle origini per seguire lo sviluppo storico e le funzioni religiose e sociali, fino ad arrivare alla loro quasi estinzione a partire dal contatto con gli europei.

Gli sciamani nordamericani emersero all’interno di società tribali basate su una visione animista del mondo: ogni elemento naturale (animali, piante, pietre, vento) era abitato da uno spirito, e tutto l’universo era visto come interconnesso. Lo sciamano era colui che poteva entrare in comunicazione con questi spiriti, in stato di trance o sogno, spesso grazie a lunghi addestramenti.

Queste tradizioni si svilupparono millenni prima dell’arrivo degli europei, e variavano enormemente da una regione all’altra. I nativi delle Grandi Pianure, come i Sioux e i Cheyenne, praticavano cerimonie come la Danza del Sole. Gli sciamani (spesso chiamati medicine men/women) erano custodi di potenti visioni e danze rituali. Tra i popoli del Sud-Ovest, come i Navajo e gli Hopi, gli sciamani possedevano una complessa cosmologia e ritualità legata alla terra e ai cicli stagionali. Gli sciamani navajo svolgevano “cerimonie di canto” (chantways) per guarire o purificare. Per i Tlingit e i Kwakiutl, popoli del Nord-Ovest, le pratiche sciamaniche erano legate alla caccia, alla pesca e alla comunicazione con animali totemici. Mentre lo sciamano degli Algonchini e degli Irochesi,del Nord-Est e dei boschi, aveva anche un ruolo da politico, profeta o narratore di miti.

Lo sciamano aveva ruoli spirituali, medici, politici e persino militari. Una delle sue funzioni principali era la guarigione, sia di malattie fisiche che spirituali, attraverso l’uso di erbe medicinali, pratiche di aspirazione spirituale, canti e tamburi. Lo sciamano poteva diagnosticare la malattia tramite sogni o visioni, spesso attribuendone la causa a spiriti malvagi o rottura dell’equilibrio cosmico.

Attraverso il trance sciamanico, indotto da danza, tamburo, digiuno, isolamento o piante psicoattive, lo sciamano compieva un viaggio spirituale. Viaggiava nel mondo degli spiriti, cercando animali guida o spiriti ausiliari, per proteggere il proprio clan. Alcuni giovani, nel rituale della vision questo, si isolavano per giorni per ricevere sogni guida con l’aiuto dello sciamano.

Lo sciamano veniva consultato prima di cacce importanti, guerre o decisioni comunitarie. Gli sciamani officiavano riti stagionali, danze e cerimonie iniziatiche. Preservavano la memoria mitica e tramandavano oralmente le storie sacre.

A partire dal XVI secolo, con l’arrivo degli europei, lo sciamanesimo iniziò ad essere sistematicamente perseguitato. I missionari cattolici e protestanti vedevano gli sciamani come stregoni o idolatri. Perciò, i rituali furono vietati, i tamburi distrutti, le visioni demonizzate.

Nel frattempo, le malattie europee (vaiolo, influenza) decimarono la popolazione, causando una rottura nella trasmissione del sapere sciamanico. I bambini vennero spesso strappati alle famiglie e mandati in boarding schools, dove era vietato parlare la lingua nativa o praticare rituali tribali.

In Canada e negli USA, tra il XIX e il XX secolo furono approvate leggi che proibivano danze e cerimonie tradizionali. La “Danza del Sole” e la “Capanna sudatoria” furono bandite fino agli anni ‘30-50.

Nonostante tutto, lo sciamanesimo non è mai scomparso totalmente. Dagli anni ’60 in poi, con il movimento panindigeno e i diritti civili, c’è stata una riscoperta delle pratiche tradizionali. Oggi, molti nativi americani praticano forme sincretiche, mescolando cristianesimo e spiritualità ancestrale. Cerimonie come la “Danza del Sole”, il peyotismo, le “Capanne Sudatorie” sono tornate in uso. Alcuni sciamani sono attivi anche nel dialogo interculturale, nella guarigione psicospirituale e nella preservazione ambientale.

Uno degli sciamani nativi americani più conosciuti è Rolling Thunder (nato John Pope), appartenente al popolo Cherokee (anche se ci sono controversie sulle sue vere origini tribali). È diventato noto negli anni ’60 e ’70 per la sua figura carismatica, le pratiche spirituali e il suo coinvolgimento nei movimenti ambientalisti e per i diritti dei nativi d’America.

Un altro nome molto noto è Black Elk (“Alce Nero”), un uomo sacro della tribù Lakota (Sioux). Divenne celebre soprattutto grazie al libro Black Elk Speaks (1932) di John G. Neihardt, che racconta le sue visioni e la sua vita. Comprese la partecipazione alla Battaglia di Little Bighorn (25 e 26 giugno 1876) e la tragedia di Wounded Knee, combattuta tra le forze dell’esercito statunitense guidate dal tenente colonnello George Armstrong Custer e una coalizione di tribù native americane, tra cui Lakota (Sioux), Cheyenne e Arapaho, guidate da capi come Toro Seduto e Cavallo Pazzo.

Black Elk Speaks è un libro fondamentale per comprendere la spiritualità e la storia dei Sioux Oglala, una delle sette tribù dei nativi americani dei Lakota meridionali. Il libro, raccoglie le memorie di Black Elk e le tragedie vissute dal suo popolo.Attraverso il racconto di Black Elk emerge la resilienza del popolo Lakota e la profondità della loro spiritualità, basata sull’interconnessione tra tutti gli esseri viventi e il rispetto per la natura.

L’opera infatti, si apre con la “grande visione” di Black Elk, avuta all’età di nove anni, durante una grave malattia. In questa visione, gli spiriti gli rivelarono simboli e messaggi destinati a guidare il suo popolo. Il libro offre una testimonianza diretta della transizione dei Sioux da una vita libera nelle Grandi Pianure alla reclusione nelle riserve, evidenziando la perdita culturale e spirituale subita.

Black Elk Speaks rimane un’opera di grande valore storico e spirituale, offrendo uno sguardo profondo sulla cultura Lakota e sulle sfide affrontate durante un periodo di grandi cambiamenti. Nonostante le controversie, il libro continua a ispirare riflessioni sulla spiritualità, la resilienza e l’importanza di preservare le tradizioni culturali.

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