La Guerra di Secessione Americana(1861–1865), conosciuta anche come Guerra Civile Americana, avvenne principalmente per conflitti profondi tra Nord e Sud degli Stati Uniti su questioni economiche, sociali e politiche.
La questione della schiavitù divenne dirompente dopo la metà dell’Ottocento, quando il nuovo Partito Repubblicano diede rappresentanza politica alle forze antischiaviste. Esse includevano sia borghesi che operai degli stati del Nord, mossi da ragioni umanitarie e dal convincimento della superiorità del libero mercato del lavoro, sia contadini che coloni di quasi tutti gli stati entrati da poco nell’Unione. Il Sud dipendeva dalla schiavitù per l’economia agricola (in particolare, piantagioni di cotone e tabacco) , mentre il Nord era sempre più industrializzato e in gran parte abolizionista (contro la schiavitù).
Con il proseguo dell’espansione verso Ovest diventava sempre più pressante la domanda sul destino dei nuovi stati, se sarebbero stati liberi o schiavisti, suscitando forti tensioni. Dopo l’elezione a Presidente degli Stati Uniti nel novembre 1860 di Abraham Lincoln, capo del Partito Repubblicano e favorevole a una graduale abolizione della schiavitù, si accentuò il conflitto di potere tra Stato e Governo Federale. Mentre il Sud sosteneva i diritti degli Stati: ogni stato doveva decidere da solo (come sulla schiavitù), Il Nord sosteneva un governo federale forte, che potesse imporre leggi comuni.
Nel dicembre del 1860 undici stati del Sud si staccarono dall’Unione, costituendosi negli Stati Confederati d’America (febbraio 1861): una confederazione indipendente sotto la Presidenza di Jefferson Davis e con una propria capitale, Richmond, in Virginia. Il Nord rispose con la mobilitazione di un esercito, a cui si contrapposero le forze sudiste guidate dal generale Robert Lee.
La guerra civile si sarebbe combattuta per quattro anni, con grande dispiegamento di uomini e di armi. La mobilitazione di un grande numero di soldati (quasi 5 milioni tra i due eserciti) e il ricorso alla nuova tecnologia militare (per la prima volta furono utilizzati il fucile a ripetizione, le mine, la mitragliatrice, le corazzate e i siluri) fecero di questa guerra la prima dell’era industriale. Guerra che fu la causa di un elevatissimo numero di vittime (circa 700.000) e gravissimi danni alle città coinvolte nel conflitto. La superiorità economica e demografica del Nord pesò sull’esito del conflitto.
Il 12 aprile 1861, le forze Confederate attaccarono Fort Sumter, una base dell’Unione in Carolina del Sud, segnando l’inizio ufficiale della guerra. L’Esercito della Virginia del Nord (Confederati) era comandato dal generale Robert E. Lee, che voleva portare la guerra nel Nord per alleggerire la pressione sugli stati del Sud e rifornire il loro esercito con le risorse delle campagne del Nord. Lee intendeva anche incoraggiare l’opinione pubblica del Nord a chiedere la pace e, nello stesso tempo, cercare il riconoscimento della Confederazione da parte di potenze europee, come Francia e Inghilterra.
Il Generale Lee marciava in Pennsylvania con circa 75.000 uomini. Mentre le forze dell’Unione (Unionisti), comandate dal generale George G. Meade, avevano circa 90.000 uomini. Le due armate si incontrarono accidentalmente vicino alla cittadina di Gettysburg, iniziando una battaglia non pianificata. La battaglia di Gettysburg, combattuta dal 1 al 3 luglio 1863, fu uno degli eventi più cruciali della Guerra di Secessione americana (1861-1865).
Il 1 luglio 1863 le forze confederate attaccano da Nord e da Ovest, respingendo gli Unionisti attraverso la città di Gettysburg, per trovare rifugio sulle colline a Sud, precisamente al Cemetery Hill e al Culp’s Hill, che rappresentavano il centro della linea difensiva dell’Esercito dell’Unione. La sua collocazione, che permetteva di controllare ampie zone e di avere una buona posizione per l’artiglieria fu subito sotto l’attacco dei Confederati, che tentarono di conquistarla nei giorni successivi della battaglia, senza riuscirci.
Il 2 luglio, Lee cerca di aggirare i fianchi dell’Unione, attaccando Little Round Top, Peach Orchard, Wheatfield, e Devil’s Den. Violenti furono i combattimenti, ma l’Unione tenne le posizioni chiave. Specialmente Little Round Top fu difeso eroicamente.
Il giorno dopo, il 3 luglio 1863, Lee ordina un attacco frontale massiccio al centro della linea dell’Unione: la famosa Pickett’s Charge, cioè un attacco frontale, con circa 12.500 confederati che attraversano un campo aperto, sotto il fuoco nemico. L’assalto fallisce con perdite devastanti. Fu una grande vittoria per l’Unione.
Il generale confederato Robert E. Lee fu costretto a ritirarsi con il suo esercito verso la Virginia. La ritirata iniziò il 4 luglio, sotto una pioggia battente, e fu difficile e pericolosa. Da quel momento, l’esercito confederato fu sempre più sulla difensiva. L’esercito dell’Unione non lo inseguì in modo aggressivo, cosa che fu criticata successivamente.
Gettysburg fu il punto di svolta militare e morale della guerra di secessione: fermò l’espansione sudista nel Nord, e accaddero diversi eventi importanti sia sul piano militare che politico. Tuttavia, Gettysburg fu la battaglia col maggior numero di morti nella guerra: circa 23.000 perdite (morti, feriti, dispersi) per l’Unione, e circa 28.000 per i Confederati.
Questo segnò la fine delle offensive confederate nel Nord. Dopo Gettysburg, i Confederati non furono più in grado di lanciare offensive significative nel territorio dell’Unione. Passarono sulla difensiva.
La vittoria a Gettysburg fu seguita dal successo a Vicksburg. Il 4 luglio 1863 il Generale Ulysses S. Grant, dell’Unione, conquistò la città di Vicksburg, nello stato del Mississippi, ottenendo il controllo completo del fiume Mississippi, dividendo in due la Confederazione.
Il Presidente Abraham Lincoln tenne il suo famoso Gettysburg Address durante la cerimonia di dedicazione del cimitero nazionale. In quel breve discorso, Lincoln ridiede senso alla guerra, sottolineando l’ideale di uguaglianza e la lotta per una “nuova nascita di libertà”.
Le vittorie a Gettysburg e Vicksburg ravvivarono lo spirito nel Nord e rafforzarono la posizione di Lincoln. La Guerra di Secessione americana finì formalmente con la resa che il generale confederato Robert E. Lee firmò il 9 aprile 1865 a Court House in Virginia, presso la casa dell’agricoltore Wilmer McLean.
L’accordo prevedeva che i soldati confederati potessero tornare a casa, portando con sé i cavalli, senza alcuna punizione per tradimento. I vinti avrebbero consegnato le armi, con rispetto per la loro dignità dei vinti. In seguito alla resa firmata da Lee, altre forze confederate si arresero nei mesi seguenti, come Joseph E. Johnston, il 26 Aprile 1865 nel North Carolina. Le ultime forze confederate si arresero nel Giugno 1865.Con la vittoria dei federali il paese poté essere pienamente unificato.
Tuttavia, il 14 aprile 1865, giorno del Venerdì Santo, durante le fasi conclusive della guerra di secessione americana, Lincoln venne assassinato da un fanatico sudista durante una rappresentazione teatrale presso l’Our American Cousin al Fort’s Theatre di Washington.
Contrariamente alla linea politica di Lincoln, che avrebbe voluto attuare un piano di riconciliazione nazionale, il Congresso impose al nuovo Presidente, Andrew Johnson, un progetto definito di “ricostruzione”, instaurando in realtà un regime di occupazione militare negli stati del Sud.
Nel frattempo, il 6 dicembre 1865 fu decretata l’abolizione della schiavitù in tutti gli stati dell’Unione con il 13° emendamento della costituzione. Due successivi emendamenti, il 14° (1868) e il 15° (1870) garantirono ai neri pieni diritti civili e politici.
La piaga della disoccupazione colpì oltre 3 milioni e mezzo di neri liberati, mentre la produzione cotoniera calò vistosamente. In un clima tutt’altro che pacificato, i settori oltranzisti si organizzarono in gruppi clandestini come il Ku Klux Klan, che cominciarono a praticare forme di terrorismo e atti di violenza contro la popolazione nera.
Le forze capitalistiche trassero grande vantaggio dalla ricostruzione postbellica, che favorì il pieno sviluppo dell’economia industriale e l’espansione dei capitali dell’Est e a tutto il territorio americano. In mezzo secolo gli Stati Uniti passarono al primo posto nella graduatoria mondiale della produzione industriale.
Assunsero una posizione dominante le concentrazioni industriali e finanziarie (corporations), nonché i grandi imperi economici (trusts) collegati alle dinastie di capitalisti, come quelle dei Rockefeller, dei Carnegie, di Morgan e degli Harriman.
Decisiva risultò la costruzione, in soli sette anni, della prima linea ferroviaria transcontinentale americana che, partendo da Omaha nel Missouri, raggiungeva San Francisco, sul Pacifico. Grazie al treno le grandi pianure dell’Ovest si trasformarono da terra di allevatori in terra di contadini stabili, perché le potenzialità di crescita dell’agricoltura vennero incrementate dalla possibilità di fare arrivare in tempo breve le derrate alimentari dai luoghi di produzione a quelli di consumo. Le ferrovie, organizzando il più grande mercato nazionale del mondo, servirono a commercializzare la produzione agricola dell’Ovest e a portare nelle campagne gli interessi e la mentalità dei capitalisti dell’Est.
La nuova fase di sviluppo economico fu alimentata da un’ulteriore progressione nella crescita demografica, favorita anche dalla crisi economica in cui versava l’Europa. Oltre 10 milioni di persone migrarono degli Stati Uniti, dall’Inghilterra, dall’Irlanda e dalla Germania. Una successiva corrente migratoria riversò, tra il 1890 e il 1914, negli Stati Uniti circa 16 milioni di immigrati scandinavi, ebrei, polacchi, russi e italiani, oltre a 4 milioni di asiatici.
Fu allora che gli Stati Uniti confermarono la loro peculiarità storica: quella di rappresentare un crogiolo di etnie e di razze (il melting pot), un’autentica nazione di nazioni. Il tasso di incremento demografico toccò il livello record del 171% (dai 32 milioni di abitanti del 1860 ai 92 milioni del 1910), sostenuto certo dall’immigrazione, ma ancora di più dagli elevati indici di natalità.